Matriarca

Vorremmo qui delineare una moltitudine di ‘figurazioni’ femminili attraverso i tempi e le arti.
Mitologie classiche, miti d’oggi, ritorni all’arcaico, riscritture, re-visioni di una puissance femminile (H. Cixous) che si estende nel Mediterraneo inteso come spazio fluido di tracce, segni, saperi, immagini, linee: Meduse incantatorie e terrificanti; le arti della dea Iside, abbandonata in una nota da Freud (B.C. Freeman: 1997), pur capace di immergersi nell’abisso più profondo Sacro del mare per restituire il corpo amato a una nuova cura del mondo; giovani Persefoni, Kore e le loro diverse ‘pupille dell’occhio’; Cleopatre egizie, tradotte in Leopardesse poetiche, poi in ‘cuoche irakene’, e già in Cleopatras che inondano il mondo con i loro idiomi scintillanti (S. Carotenuto: 2009); Antigoni tragiche, l’alterità traumatica di un altro senso dell’esistenza, la voce inflessibile a dire un diritto d’asilo e di burial che cambierebbe le sorti della intera terra (J. Butler: 2000); ancora, Sfingi postcoloniali o ‘Babies Sugar’, come le ha pensate, create, mostrate, condivise l’artista Kara Walker; e, ancora ed ancora, le antiche e moderne Prégnances (J. Derrida: 2004) degli acquarelli o lavis di Colette Deblé
Alterità sublimi, sempre in bilico tra più mondi, universi e pianeti, dolci, sinuose, minacciose, gioiose, gloriose, splendidamente melanconiche come soli neri, possenti, le Matriarche incarnano una genealogia che nasce da acque tormentate da ostilità, guerre, morti, disfatte, per lasciarle liberare il loro canto-inno-urlo alla vita. E’ il perimetro più ampio del Matriarchvio del Mediterraneo, la cornice di affetti che trasforma l’archiviazione classica perché la forza evocatrice, antica, sperimentale, materica e misteriosa delle Matriarche spezza, frantuma, decostruisce l’arkē patriarcale, rilanciandolo, con la creazione di una collettività impossibile, verso un futuro tutto da inventare, tutto à-venir

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