Matriarchivio del Mediterraneo

Il progetto qui presentato ha studiato a lungo la questione dell’‘archivio’ in termini teorici, filosofici, tecnologici, e di prassi di archiviazione; la selezionata bibliografia acclusa può solo rendere conto della vastità di referenze, campi, discipline coinvolte. In questo sterminato campo di indagine, ricerca, invenzione e sperimentazione – vocazioni ritenute qui centrali – il progetto ha così scelto di privilegiare due ambiti – una de-limitazione generale della rappresentazione: il Matriarchivio e il Mediterraneo.

Un testo, in particolare, ha permesso il pensiero del Matriarchivio: il saggio dedicato al Mal d’archivio da Jacques Derrida nel 1994. L’assunto interpretativo di questa scrittura è che, nella contemporaneità, la vocazione archiviale è imprescindibile, un ‘mal d’Africa’, un ‘mal d’archivio’. Noi tutte/i amiamo archiviare – per dimenticare, per ricordare? Importante è che l’archivio, il suo desiderio e/o la sua compulsione, sono sempre legati all’archè, agli arconti, all’architettura di un luogo destinato alla consegna, in linea patriarcale, di una selettività di testi, segni memorie, documenti, materiali, operata da guardiani deputati all’interesse delle istituzioni di salvaguardia della memoria/ dalla memoria. L’unica forma archiviale esistente è maschile, patriarcale e patrilineare: il lascito, l’eredità e la consegna di ciò che ripete, salvaguardia e archivia l’ordine, il potere, la tradizione….

Cosa succede se, invece, differentemente dal Patri-archivio, si istituisce un archivio dedicato alle donne, a coloro le quali sono state – e ancora sono – escluse dalla selettività e dalla trasmissione archiviale? Cosa cambia se si pratica una trasmissione del sapere in linea matrilineare? Se la ‘matrice’, Matrix o Matriciel, si fa donna, istituendo, in termini di archivio, l’accumulazione-disseminazione di una conoscenza femminile? Il progetto qui presentato vuole poter rispondere a queste domande, secondo una riflessione che tiene conto del senso ‘constativo’, ‘perfomativo’ e di produzione dell’‘evento’ archiviale. Il Matriarchivio non viene meno alla febbre dell’archivio e alla sua funzione ‘constativa’ – la registrazione di ciò che esiste, e che va protetto e conservato – affiancandovi, però, una spiccata vocazione ‘performativa’: il sapere che il Matriarchivio produce, non è statico ma, intervenendo nella consegna, si apre alla performatività delle produzioni artistiche femminili sempre in sviluppo, sempre in farsi, in progresso, in processo, in divenire; ancor più, oltre la funzione constativa e all’interno della produttività performativa, la passione del Matriarchivio si rivolge alla potenzialità dell’‘evento’ a cui un archivio del futuro espone: l’apertura infinita, la metamorfosi incessante, la partecipazione individuale e collettiva che un portale di archiviazione digitale può accogliere, registrare, conservare e rilanciare, creando così le condizioni dell’à-venire, del futuro, di ciò che accade senza orizzonte di aspettativa, di anticipazione e/o di previsione – l’‘evento’.

Solo una precisazione: il Matriarchivio vuole recuperare in tal senso una nozione di Matriarcato? Alla ‘matrice’ porrebbe la Matriarca, la Mater, la Mère? Spingendo nella necessaria direzione di un sito aperto alla varietà e vastità delle Lingue madri, la parola inglese ‘Mother’ è interessante per dire del Matriarchivio l’attenzione verso l’altro, intimo, vicino, interno, sbarrato dalla storia e dall’accumulo del sapere arcontico: ‘M/Other’. La relazione corporea, la condivisione fisica, partecipatoria, Matrilineare una dentro l’altra, lo stesso battito che crea l’esistenza nella differenza, l’appartenenza senza appartenenza, l’altra dentro-fuori di sé, con sé, per sé e per l’altra. È la materia di questo rapporto senza rapporto, il materiale (Material) che incarna la complessità di questa apertura all’altro, all’altra, alla m-other, che il Matriarchivio assembla, incrocia, pratica, sperimenta, seleziona, produce, inventa, recuperando la propria ‘differenza’ dai meandri di un labirinto storico fatto di esclusione, marginalizzazione, nascondimento, negazione, dimenticanza…

Lo spazio-tempo di intervento del Matriarchivio è vasto, immenso, immemore – può estendersi, indietro, verso il Mito, oppure dirigersi verso il presente di ciò che oggi vive il Mar Mediterraneo. La mer, la Méditerranée – come non accogliere, quasi naturalmente (se è vero che le arconti donne-artiste vivono nel mondo, al presente, col loro stesso corpo – mani, occhi, pensiero, tatto – toccato dai tanti segni di morte, i naufragi, le dispersioni, gli arrivi mancati, gli esili infiniti di questo mare di migrazione, e, allo stesso tempo, dai tanti segni di vita costituiti da una passione creativa che afferma il movimento, la libertà, la scoperta, la sperimentazione, il coraggio, il viaggio, il ritmo, la visione, la danza, il disegno, la rielaborazione inventiva, l’arte…) le indicazioni artistiche offerte, ad esempio, da una delle tante madri del Matriarchivio, Zineb Sedira nel lavoro dedicato al Mar Mediterraneo? Navi abbandonate, carcasse arrugginite, porti, percorsi marini, direzioni di solo andata, esili senza ritorni, ed insieme, le celebrazioni sperimentali dei ‘fari’ che, in questo spazio liquido che porta insieme la morte e la vita, illuminano il percorso da intraprendere, conservando le tracce della memoria – coloniale/ postcoloniale – per trasformarle in segni d’avvenire. Il Matriarchivio vorrebbe costituire una forma di ‘faro’ à la Sedira: raccogliere (un ‘gathering’ anch’esso di memoria decostruttiva) le grafie femminili di una intelligenza arcaica, antica, e, allo stesso tempo, moderna (una modernità ‘altra’ rispetto al pensiero maschile occidentale), contemporanea, sperimentale, fatta di infinite forme, di percorsi diversi, di materiali innovativi e di materie altre (Matters), sullo sfondo di lingue inarchiviabili, esposte, da esporre, da raccogliere, a cui donare ospitalità perché da esse il Matriarchivio riceve ospitalità.

Il Matriarchivio del Mediterraneo dice il materno e la fluidità del suo ventre marino; illumina la vastità delle cave, dei cieli e delle terre del suo universo acquatico; registra i palpiti e i respiri dell’aria condivisa dai suoi bacini; ibridata e confonde le lingue; tiene fede alla creazione delle donne, ama l’arte, confida, infine e strenuamente, nell’evento….

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